Il sistema sanitario vive un momento di fortissimo stress, anche in Emilia-Romagna, dove la sanità, e in particolare quella pubblica, è un’eccellenza.
Per ragionare seriamente sulle criticità è necessario considerare innanzitutto alcuni elementi specifici della nostra storia recente: l’impatto del Covid su strutture e personale, con i costi che ha generato a carico del servizio sanitario regionale/territoriale, e il “caro bollette” che pesa particolarmente sulle strutture sanitarie nelle quali, è ovvio, non è possibile attuare risparmi spegnendo il riscaldamento e la luce elettrica.
Non fa eccezione l’Ausl Romagna. Lo stesso direttore generale, Tiziano Carradori, ha precisato i fattori dell’ingente disavanzo corrente, sottolineando come gli effetti negativi di pandemia e crisi energetica si combinino anche con altri elementi più strutturali del sistema sanitario nazionale. L’impatto del covid sui nostri territori (+ 10% rispetto alla media italiana) dal 2020 ha causato un aumento storico del costo pro-capite di oltre il 6%, mentre la guerra in Ucraina e la crisi energetica peseranno sul bilancio di previsione con oltre 55 milioni di euro per le sole utenze.
Recentemente Luca Bartolini, coordinatore di FdI, ha puntato il dito sul disavanzo dell’Ausl Romagna, imputando la causa alla scelta politica di costituire un’azienda sanitaria unica, non più a livello provinciale ma romagnolo. Quella scelta per noi non è stata sbagliata. È invece sicuramente sbagliato valutare il sistema sanitario romagnolo odierno senza considerare le condizioni eccezionali che ha dovuto affrontare in questi anni.
Oggi, i mancati ristori dallo Stato alle Regioni hanno generato un volume di costi difficili da sostenere, per le Ausl territoriali e il sistema sanitario regionale. Per questo motivo è urgente uno sforzo da parte del Governo italiano, per coprire i costi non comprimibili (personale, competenze, farmaci e dispositivi medici, strutture e servizi) e che, se ridotti, colpiscono un bene essenziale come la salute e l’accesso alla sanità pubblica. Ha detto bene Lia Montalti, consigliera regionale PD, rimarcando che la politica, dai territori al Parlamento, deve assumersi la piena responsabilità di spingere per una soluzione nazionale, affinché nei prossimi decreti e nella futura legge di bilancio vengano previste le risorse per il rimborso alle Regioni delle spese covid e per il caro bollette.
Al contempo, per intervenire sull’ormai cronica mancanza di personale e competenze, serve un adeguamento nazionale sullo squilibrio tra spesa e finanziamenti, inoltre, che consenta al sistema sanitario nazionale e territoriale di assumere e investire sul personale, la cui mancanza a cascata si riverbera sulla possibilità di erogare servizi tempestivi e di qualità, evitando le liste di attesa di cui parla Bartolini.
Pensando ai cittadini, ci sono tuttavia vari aspetti positivi che il coordinatore di FdI non ricorda. L’ottimizzazione dei costi dell’Ausl unica ha portato a ridurre la spesa dei servizi generali di circa il 40% pro capite; l’attrattività che l’azienda ha oggi per professionisti di altissimo livello, è tutto a favore dei cittadini; l’arrivo di Medicina a Forlì e a Ravenna, con l’accelerazione dell’integrazione del sistema universitario e sanitario locali, in termini di cura e ricerca ma soprattutto di competenze e personale futuro. Sarebbe stato possibile senza l’Ausl unica? Secondo noi evidentemente no.
A Luca Bartolini ricordiamo che essere forza di Governo nazionale, quale è FdI, richiede responsabilità e verità nei confronti dei cittadini. Altrimenti è solo propaganda. A questo proposito, come mai si è dimenticato del tema dei medici di base, di cui c‘è così tanto bisogno in tutti i territori, in particolare nei piccoli Comuni? Forse i problemi quotidiani delle zone più periferiche sono meno importanti?
Daniele Valbonesi
Segretario Unione territoriale PD forlivese
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