La direzione del Pd forlivese, il 7 giugno scorso, ha approvato con voto unanime un documento di indirizzo sulla sanità forlivese e romagnola. Il documento, disponibile al sito www.pdforli.it nella sezione ‘documenti’, vuole essere un contributo alla discussione e al confronto sui principi base della riorganizzazione della Rete oncologica e dell’AUSL della Romagna.
‘In campo sanitario abbiamo davanti sfide epocali: il progressivo invecchiamento della popolazione, la complessità della medicina moderna e l’aumento delle patologie cronico-degenerative. Sfide che minano la tenuta del nostro sistema sanitario e la salvaguardia dei principi di universalità, solidarietà ed equità su cui esso si fonda. Davanti a queste sfide cosa siamo disposti a fare? La risposta che ci sapremo dare, a partire dai livelli regionale e locale, sarà determinante per stabilire quale strada intraprendere tra quelle che ci si parano davanti. Nel territorio romagnolo, in cui con la Legge regionale 22 del 2013 ha avuto inizio una prima grande azione di riorganizzazione della rete ospedaliera, oggi siamo chiamati a decidere se fare dell’Azienda di Romagna un laboratorio di sperimentazione gestionale e tecnologica oppure no. Su questo punto la posizione del Pd forlivese è chiara: la riorganizzazione deve essere l’occasione per ridisegnare gli scenari futuri della sanità pubblica del territorio, in un’ottica non competitiva ma di valorizzazione delle vocazioni esistenti e di risposta ai nuovi bisogni. Tale operazione, che non può essere un mero esercizio di stile, deve portare alla riorganizzazione della geografia dei servizi esplicitandone da subito e in modo chiaro le finalità. Quali devono essere i principi ispiratori dell’ attività di riordino? Innanzitutto mantenere risposte di cura in prossimità dei cittadini per le attività di base; concentrare ciò che è possibile per ambiti dove storicamente insistono grandi competenze e per aree in cui sono stati fatti investimenti tecnologici ed iniziative importanti, che ragionevolmente non possono essere smembrati e disseminati (es. Laboratorio Centro Servizi di Pievesestina, Centrale Operativa 118 Romagna, Trauma Center); concentrare ciò che si deve per alta complessità e bassa diffusione epidemiologica al fine di garantire la migliore competenza clinica; infine sviluppare le vocazioni distintive dei Presidi Ospedalieri. Su quest’ultimo punto risulta chiara la vocazione dell’area territoriale forlivese: la gestione della patologia oncologica, sia in ambito clinico che chirurgico, attraverso una sinergia sempre maggiore tra le conoscenze e l’innovazione resi disponibili dall’IRST IRCCS per l’assistenza e la cura dei pazienti e l’expertice delle UUOO di Chirurgia Toracica, di Terapia Chirurgica Oncologica Avanzata e di Chirurgia Senologica dell’Ospedale di Forlì, a cui si aggiungono le conoscenze acquisite nel campo della chirurgia robotizzata da tempo praticata in questa sede. Tale vocazione non può e non deve limitarsi ai confini territoriali forlivesi. Nei prossimi mesi dovremmo essere in grado di costruire una gestione diretta unica della Rete oncologica romagnola, al fine di assicurare ad ogni cittadino dell’Area Vasta Romagna l’omogeneità di diagnosi e di cura oncologica. Se sapremo lavorare in questa direzione potremo promuovere nuovi scenari, ad esempio sviluppare e collocare all’interno della rete, il progetto di realizzazione del Centro Nazionale di Ricerca sul Dolore oncologico, in collaborazione con il Ministero della Salute, racchiudendo sia la componente chirurgica che la componente scientifica. Così come rafforzare la collaborazione con l’Università. In che modo? La rete oncologica, in coerenza con i protocolli che la Regione Emilia-Romagna sta definendo con le Università dell’Emilia-Romagna, può diventare l’infrastruttura tra Università e territorio per le attività di ricerca e di formazione nelle discipline per cui le è stata riconosciuta la vocazione di cura e ricerca. Si può fare a partire dall’Università di Bologna, come è accaduto con la chirurgia oncologica dell’ Ospedale Pierantoni-Morgagni. La rete oncologica può diventare così la sede formativa privilegiata per le Scuole di specialità nelle discipline ad essa collegate: oncologia, ematologia, radioterapia, medicina nucleare ma anche chirurgia, ginecologia, otorinolaringoiatria. Se sapremo lavorare guardando lontano ma partendo da un’analisi puntuale dei bisogni e delle peculiarità già in essere e accantonando interessi di parte e localistici, avremo colto a pieno l’occasione che la riorganizzazione ospedaliera ci offre, difendendo fino in fondo il diritto fondamentale alla salute, che il mondo ci invidia.’
Valentina Ancarani
Segretario territoriale Pd forlivese