Dopo mesi di accese discussioni sui social, sui giornali e tra i partiti, in Commissione Giustizia è stata finalmente votata la calendarizzazione del voto sul Ddl Zan. Il 13 luglio il disegno di legge – che prende il nome dal suo primo firmatario, il deputato PD Alessandro Zan – arriverà in Senato; se le forze politiche che già l’hanno votato alla Camera (era il 2020, 265 voti favorevoli, 193 contrari e un astenuto) confermeranno il proprio sostegno, l’approvazione dovrebbe esserci ma l’esito, oggi, purtroppo, appare tutt’altro che scontato.
Nei mesi scorsi lo Stato Vaticano è intervenuto, fatto eccezionale, anche in via diplomatica per rivendicare gli accordi Stato-Chiesa contro una presunta limitazione delle libertà di opinione dei cattolici e dell’autonomia delle scuole paritarie religiose. Il centro destra, Lega in testa, ha preso la palla al balzo per trasformare il dibattito parlamentare e nel Paese in uno scontro ideologico sull’identità di genere. Nel centro sinistra più il M5S che aveva votato il Ddl alla Camera si sono aperte delle crepe, a seguito della posizione di Italia Viva che vorrebbe accogliere le richieste Vaticane, modificando il testo del disegno di legge. Il possibile voto segreto complicherebbe ulteriormente le cose.
Per questi motivi, come PD forlivese ci sembra opportuno condividere una riflessione aperta sul voto al Senato di martedì 13 luglio e su un disegno di legge sempre più oggetto di un dibattito distorto dalla narrazione dei suoi detrattori.
Nel rispetto delle diverse sensibilità presenti anche nel nostro Partito, è necessario fare chiarezza e ribadire, innanzitutto, che il Ddl Zan prevede l’inasprimento delle pene contro i crimini e le discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili, equiparando i reati collegati all’omofobia a quelli già previsti dall’articolo 604 bis del codice penale che contrasta il razzismo e l’odio su base religiosa. Si tratterebbe quindi di un ampliamento della tipologia dei reati perseguiti dalle leggi esistenti, per contrastare i crescenti fenomeni di discriminazione e violenza sempre più presenti nelle cronache del nostro Paese.
In che modo questa previsione può ledere o restringere la libertà di opinione di una parte dei cittadini? Perché sarebbe discutibile e non necessario allargare la tutela di legge ad una parte di popolazione italiana soggetta ad atti di violenza, fisica e verbale, per la sola ragione di vivere la propria dimensione affettiva, sessuale e di genere?
Ulteriore pomo della discordia al centro degli attacchi, il recepimento a livello nazionale della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia (17 maggio), con cui, sostengono gli oppositori del DdL Zan, si vorrebbero imporre alle scuole (e alle famiglie e a bambini e ragazzi) azioni di propaganda e distorsione della “corretta” concezione di identità di genere. E qui veniamo al nodo: qual’è la corretta definizione di identità di genere?
Uno stato laico e di diritto non deve forse tutelare, con la legge, i diritti individuali e civili, e l’incolumità fisica e psicologica, di tutti i suoi cittadini, nel rispetto delle libertà degli individui di scegliere consapevolmente la propria fede religiosa come il proprio credo politico e il proprio orientamento sessuale?
Come spesso accade in Italia, la discussione ha finito per distorcere gli obiettivi del Ddl Zan e gli effetti che la sua approvazione causerebbe. C’è chi parla di reati di opinione, di volontà di fare il lavaggio del cervello ai bambini, di impedire alle famiglie di professare la propria fede, dell’introduzione dei matrimoni e dell’adozione da parte di coppie omosessuali (che ci vorrebbero ma con legge apposita, non è questo il caso). Ovviamente non si tratta di nulla di tutto questo.
Auspicando che il Senato il 13 luglio, rappresentando la società italiana contemporanea, esprima un voto giusto e approvi il Ddl Zan, ci teniamo particolarmente a sensibilizzare l’opinione pubblica forlivese sull’importanza cruciale della tutela dei diritti civili di tutti i cittadini italiani, in qualunque contesto e circostanza.
A Forlì, con l’amministrazione di centro destra attualmente in carica abbiamo assistito ad un regresso su questi temi e ricordiamo con dolore il rifiuto dell’amministrazione comunale di Forlì di impiegare fondi regionali già riconosciuto per azioni di formazione psicologica e giuridica agli operatori del Comune di Forlì e delle associazioni interessate su queste tematiche, proprio appellandosi al “pericolo della propaganda di ideologie gender”. Crediamo che il nostro Paese e il nostro territorio meritino una visione dei diritti degli individui molto più avanzata e giusta di così, per questo il Ddl Zan deve essere votato, subito.
Partito Democratico – Unione Territoriale Forlivese